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Cesare Lombroso e le sue teorie relative alla criminologia

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31 Ottobre 2018 by Admin

Lombroso una figura ad oggi discussa. Prima di leggere il presente articolo è doveroso specificare che molte delle teorie di Cesare Lombroso sono state contestate e invalidate. Nel presente articolo si parlerà della discussa figura di Lombroso senza tuttavia condividere completamente tutte le sue teorie, che appunto si sono state smentite.

Indice dell'articolo

  • Il pioniere della criminologia
    • Gli studi accademici e i primi incarichi
      • Gli studi a Pavia, Padova e a Vienna in Austria
      • L’inizio della collezione di crani da parte di Lombroso
      • Le sue teorie
      • Il caso di Verzani, il vampiro del Nord Italia
      • Il concetto di positivismo antropologico
      • L’ereditarietà del criminale in base alle teorie di Lombroso
      • La correlazione tra clima e crimine secondo la teoria di Lombroso
      • Le categorie criminali
      • Genio e follie, lo studio dei manicomi condotte da Lombroso
      • L’anello di congiunzione tra criminale, genio e folle
      • Lo studio di Davide Lazzaretti
      • L’anatomia femminile e le teorie di Lombroso
      • Le patologie femminili in base alle teorie di Lombroso
      • Lo studio degli anarchici
      • Le cause del crimine secondo uno dei padri della criminologia
      • La categoria dei criminali dediti alla truffa
      • Le reazioni alle teorie lombrosiane
      • Le teorie eziologica
      • Teorie razziste
      • Gli ultimi anni della sua vita
      • La fondazione dell’archivio di psichiatria
      • L’apertura del museo nel 2009
      • La morte di Cesare Lombroso

Il pioniere della criminologia

Cesare Lombroso, antropologo e medico, nacque a Verona nel 1835, in una numerosa famiglia di commercianti ebrei. Con il nome di Ezechiah Marco successivamente modificato, da lui stesso, in Cesare.

Considerato uno dei maggiori seguaci del Positivismo evoluzionistico. A causa del fermento che la corrente francese e inglese creò in Italia in quegli anni, si affermò principalmente negli studi di Antropologia e Biologia. Il suo nome è però ancora oggi legato al concetto di Antropologia Criminale, una nuova disciplina di cui venne ritenuto il fondatore. Il suo lavoro è stato influenzato dalla frenologia, dal darwinismo sociale e dalla fisiognomica.

Gli studi accademici e i primi incarichi

La formazione di Cesare Lombroso venne condizionata sia dal cugino David Levi. Importante personaggio in quanto patriota e politico italiano, con cui visse per un po’ di tempo a stretto contatto e anche dagli scritti del medico e linguista Paolo Marzolo.

Il cugino essendo un importante esponente del Risorgimento, lo avvicinò al culto della libertà di pensiero portandolo a contrapporsi alla ferma religiosità del padre;

Marzolo invece lo avvicinò alla linguistica. Pertanto viste le nuove passioni e il rinnovato modo di vedere le cose decise di abbandonare la scuola pubblica per intraprendere una formazione di natura prettamente privata.

Gli studi a Pavia, Padova e a Vienna in Austria

Dal 1853 al 1858 intraprese presso gli atenei di Pavia, Padova e Vienna gli studi in Medicina. Tali studi Lombroso li concluse con una tesi di laurea sul cretinismo in Lombardia.

Durante questi anni di formazione, essendo uno studente eclettico ed eccellente, si interessò anche allo studio di altre discipline quali: le scienze naturali, la storia, la letteratura e l’anatomia umana che diverrà uno dei suoi più grandi interessi.

L’anno seguente, alla fine del percorso accademico, prese parte alla lotta contro il brigantaggio. Tale lotta fu successiva all’Unificazione italiana, che stava avvenendo nelle campagne del Nord Italia. In tale occasione si offrì come medico militare.

L’inizio della collezione di crani da parte di Lombroso

Fu in questo periodo che il Lombroso iniziò a collezionare i primi crani umani e scheletri di persone.  Oggi esposti presso il museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” di Torino. Museo da lui stesso fondato.

Svolse inoltre importanti ricerche sia sul cretinismo che sulla pellagra, una malattia quest’ultima di natura endemica dovuta al mancato assorbimento di vitamine appartenenti al gruppo B.

Le sue teorie

Negli anni Settanta dell’Ottocento ottenne un importante incarico come direttore del manicomio di Pesaro. Un luogo in cui ebbe la possibilità di osservare e studiare numerosi casi clinici.

In questo periodo, dopo essersi occupato degli studi sulla pellagra, si concentrò sull’antropologia e in particolare modo sullo studio dei matti e dei criminali in quanto erano coloro che, secondo lui, presentavano maggiori tratti di primitivismo.

Tutta la teoria successiva a queste osservazioni, così come le altre, saranno influenzate dal positivismo evoluzionistico in cui Lombroso credeva fermamente. Il primo caso di cui si occupò fu quello del brigante Giuseppe Villella, un settantenne datosi alla macchia sui monti.

La sua autopsia evidenziò alla base del cranio la fusione congenita dell’occipite con l’atlante, la mancanza della cresta occipitale interna e la presenza di rilevatezze ossee del tutto anomale.

Tutto questo portò il Lombroso ad affermare che il Vilella aveva un cervello fermo allo stato fetale. Pertanto i vizi della struttura organica, presenti nelle persone pazze, erano alla base degli atteggiamenti devianti della condotta umana.

Il caso di Verzani, il vampiro del Nord Italia

Un altro importante caso, che avvalorò le tesi dello studioso, fu quello del contadino Vincenzo Verzeni. Successivamente conosciuto con gli appellativi dello strangolatore o del vampiro del Nord Italia.

Esso venne considerato il primo serial killer italiano. Verzeni fu riconosciuto in particolare per il suo modus operandi consistente nello strangolare le vittime. Spogliarle e ferirle e, nella maggior parte dei casi, nell’asportazione di diverse parti del corpo, compresi gli organi interni.

Nel 1873 dopo aver compiuto una serie di efferati omicidi venne arrestato e Lombroso ottenne l’incarico di stendere la perizia psichiatrica. Secondo lo studioso l’uomo presentava caratteri di mancata evoluzione, anomalie queste, che avrebbero spiegato gli strani comportamenti della condotta tenuta dal Verzeni.

Da questi e altri studi minori prese vita la sua più importante opera dal titolo “L’uomo delinquente” che fu pubblicata a partire dal 1876 e nel corso degli anni riproposta in più edizioni rivedute e corrette.

Il concetto di positivismo antropologico

Essa risentì dell’influenza positivista, di cui il Lombroso era un fermo sostenitore, un’ideologia che lo portò a coniare il concetto di positivismo antropologico. Secondo questo termine un soggetto metterebbe in atto delle azioni criminali perché possiede determinate caratteristiche biologiche che lo distinguerebbero nettamente da chi delinquente non è. Inoltre un individuo commetterebbe un reato in quanto non può fare a meno di delinquere e questo non dipenderebbe da lui ma dal fatto che è privo di libero arbitrio. In quest’opera è contenuta anche la nozione di atavismo, secondo la quale una persona che commette un reato lo fa a causa della presenza di caratteristiche somatiche e psichiche proprie dei suoi antenati e quindi di tratti primordiali.

Lo studioso propose una distinzione tra i vari tipi di criminali, classificandoli in: criminale epilettico, delinquente nato, delinquente pazzo e il delinquente per impeto passionale o per forza irresistibile.

Quest’ultimo, per esempio, commetterebbe degli atti criminosi per altruismo verso la persona amata ai fini di salvaguardarla da un pericolo. Alla base delle sue teorie vi era però il concetto di criminale per nascita, inteso come colui che era recidivo e commetteva azioni delittuose con frequenza.

Esso aveva delle caratteristiche fisiche, diverse dalla persona considerata normale, consistenti in delle vere e proprie anomalie che avrebbero determinato il comportamento deviante.

L’ereditarietà del criminale in base alle teorie di Lombroso

Per il Lombroso l’essere criminali era la conseguenza di una patologia ereditaria. Inoltre, li considerava simili ai matti.

Pertanto oltre alla presenza o meno di epilessia e all’influenza dell’ambiente, sulla formazione di un criminale, influirebbe l’ereditarietà che venne distinta in eredità diretta e indiretta; la prima derivata dai genitori mentre l’altra propria di una famiglia degenere.

Da queste deduzioni, lo studioso, potè affermare che l’unico modo per curare un criminale era quello utilizzato anche per i matti. Quindi era necessaria l’applicazione di un metodo di tipo clinico – terapeutico. 

Lombroso affermò che l’azione criminale era influenzata sia da vari fattori e comportamenti che da alcune caratteristiche fisiche.

Con i primi si intende: l’età, il sesso, la “razza”, l’uso di sostanze stupefacenti o di alcool, le condizioni economico – culturali, i fattori climatici e geografici. Ma anche la religione e l’istruzione.

Infatti l’essere istruiti secondo lo studioso diminuiva i reati di sangue ma portava ad un aumento di quelli sessuali e di truffa, invece, la religione era estranea da qualunque influenza sul gesto errato.

La correlazione tra clima e crimine secondo la teoria di Lombroso

Riguardo al clima Lombroso riteneva che durante i mesi caldi vi fosse un numero maggiore di delitti di sangue mentre i nel corso dei mesi più instabili a livello climatico si assisteva a più manifestazioni epilettiche.

Invece tra le caratteristiche anatomiche che distinguono un criminale da un comune individuo esistevano delle differenze rispetto: il peso della persona, il naso schiacciato, la misura del cranio e le sue ossa che risultavano essere in soprannumero. L’alterazione della sensibilità e una maggiore precisione visiva, la conformazione dei denti con canini e incisivi mediani forti e ben sviluppati, la presenza o meno di tatuaggi, la conformazione dei piedi che nei delinquenti erano prensili e la presenza di un’eccessiva pigrizia.

Altro importante elemento era la presenza del fattore epilettico in quanto alcune caratteristiche presentate da persone con questa patologia erano presenti anche nei criminali.

L’epilessia forniva una spiegazione all’arresto di sviluppo fisico e psichico dei delinquenti e la criminalità era vista come una trasformazione dell’epilessia e pertanto classificata tra le varie forme epilettiche. Vennero coniati i seguenti termini: epilessia psichica, larvata ed epilettoidismo, secondo la teoria i crimini peggiori dovevano essere ricondotti all’epilessia psichica.

Le categorie criminali

Per il Lombroso comunque ad ogni categoria di criminale corrispondevano delle specifiche caratteristiche.

Il criminale nato, per esempio, presentava gli occhi mobilissimi, la fronte sfuggente, le sopracciglia folte e vicine, la testa piccola, il viso giallo o pallido, il naso torto e la barda diradata. Poi vi erano criminali specifici quali i ladri, i falsari, gli stupratori e gli omicidi con dei tratti somatici e psicologici del tutto simili a quelli del delinquente nato.

Lombroso non si occupò soltanto di osservare e studiare la figura del criminale. Esso ma si interessò anche di coloro che oggi verrebbero ritenuti devianti a causa di alcuni comportamenti diversi da ciò che viene considerata la normalità.

Infatti è deviante colui che non rispetta le regole presenti nella società in cui vive e considerava tali le seguenti figure: i geni, le prostitue, gli anarchici e i profeti.

Genio e follie, lo studio dei manicomi condotte da Lombroso

Il genio e la follia sono due elementi che lo studioso associava in quanto dagli studi compiuti nei manicomi era emerso che gli individui oltre ad avere difetti e anomalie presentavano dei lampi di passione e genialità.

Il genio era visto da Lombroso come l’espressione di un’anormalità positiva in quanto credeva che potesse esistere una stretta connessione tra la personalità geniale e l’anormalità di tipo psichico.

Contrapponeva pertanto il tema della follia e quello della genialità che andavano così a convergere con il fenomeno della devianza e della criminalità. Il genio possedeva specifiche caratteristiche fisiche quali: un’eccessiva magrezza, pallore del volto e un cervello di volume superiore rispetto alla media.

L’anello di congiunzione tra criminale, genio e folle

Accanto al genio lo studioso collocava la figura del mattoide, considerato l’anello di congiunzione tra il criminale, il genio e il folle.

Il mattoide, infatti, era un uomo comune con le sembianze di un genio, che provava normali affetti ed emozioni e possedeva un evidente senso pratico e morale. Che lo distingueva dalla figura del delinquente, inoltre, formulava delle idee non del tutto normali ed era privo di forme deliranti a differenza del folle.

Possedeva anche una sobrietà forzata ed era concentrato sull’ordine e il buon senso tanto da riuscire ad occultare la propria follia.

Il mattoide ragionava per analogia e giochi di parole e nella maggior parte dei casi presentava un carattere forte e ribelle.

Lo studio di Davide Lazzaretti

È una figura carismatica in grado, con le proprie idee e valori, di influenzare le folle e, infatti, il suo ruolo sociale corrispondeva al profeta o al patriota. Tra i mattoidi Lombroso inseriva Davide Lazzaretti, un importante profeta del Monte Amiata.

Il tema della prostituta è, invece, raccontato nell’opera del 1894 dal titolo “La donna delinquente, la prostituta e la donna normale”.

Lombroso, così come la società patriarcale di quel periodo, credeva che la figura della donna fosse da considerare inferiore rispetto a quella dell’uomo dal punto di vista evolutivo.

L’anatomia femminile e le teorie di Lombroso

L’anatomia della donna, infatti, confermava quanto detto sopra perché presentava un’ inferiorità sia nel peso che nell’altezza rispetto alla figura maschile. Così come aveva una minore presenza di globuli rossi. La donna sembrava però essere più forte a livello psicologico ma anche più facilmente irritabile, inoltre possedeva un’intelligenza automatica ed intuitiva e una coscienza giuridica.

Questo pensiero, se unito alla sua teoria atavica, affermava che le donne dovessero avere una tendenza maggiore verso il crimine rispetto a quella degli uomini.

Nella realtà non era propriamente così, in quanto era il sesso maschile a delinquere maggiormente, ma nonostante questo la loro immagine rimase comunque poco morale. Questo viene spiegato da Lombroso attraverso la teoria della prostituzione in quanto fenomeno considerato come equivalente del crimine.

Secondo questo pensiero esse commettevano un numero inferiore di reati perché si dedicavano alla prostituzione che non era penalmente perseguita rispetto ad altri comportamenti scorretti.

Le patologie femminili in base alle teorie di Lombroso

Lo studioso fece inoltre un’analisi sulle patologie femminili che lo portò a dichiarare come nelle donne i tratti somatici e le caratteristiche fisiche tendevano ad avere una minore variazione rispetto che nelle figure di sesso maschile.

Le prostitute, secondo i suoi studi, presentavano apofisi ingrossare, fronti strette, zigomi sporgenti, fossette occipitali e varie anomalie del cranio e dei denti.

Per il Lombroso le azioni criminali delle donne, anche se in minor numero rispetto quelle degli uomini. Esse erano caratterizzate da una maggiore efferatezza portando alla predominanza di delitti passionali o di suicidi. Esse erano maggiormente propense a compiere un aborto o un infanticidio piuttosto che un omicidio o una truffa.

Lo studio degli anarchici

Per studiare gli anarchici Lombroso esaminò il delitto politico. Per lo studioso il delitto politico, infatti, era da vedere come una forza all’interno della storia.

Inoltre poteva essere considerato come una sorta di devianza positiva capace di far progredire il corso della storia, urtando contro l’atteggiamento misoneista.

Con questo termine, che fu coniato dallo stesso Lombroso, si voleva intendere un atteggiamento di ripulsione verso il nuovo, c’era però una netta distinzione tra le rivoluzioni e le rivolte.

Le prime erano giustificabili in quanto rappresentavano il distacco da una società conservatrice inadeguata andando contro una sorta di oppressione. Quindi coloro a capo delle rivoluzioni non potevano essere considerati come dei criminali in quanto cercavano di modificare l’inerzia delle cose.

Le seconde, invece, venivano messe in atto da una minoranza al fine di imporre idee nuove e diverse alla maggioranza e quindi rappresentavano una ribellione ed erano da considerarsi come un’azione criminale.

Le cause del crimine secondo uno dei padri della criminologia

Il Lombroso credeva che entrambe queste manifestazioni avessero una causa comune: i climi, le religioni, la miseria e le razze. Inoltre i mesi estivi le avrebbero favoriti entrambi.

Altro importante elemento il fattore psicopatico, in quanto l’imitazione aveva un ruolo molto importante nella riuscita o meno sia di una rivolta che di una rivoluzione.

L’ultimo decennio dell’Ottocento fu caratterizzato da molti fatti di cronaca tra i quali spicca lo scandalo della Banca Romana. Durante il corso di questi anni lo studioso elaborò un nuovo concetto che venne definito con l’appellativo di criminalità evolutiva; con il quale si intendeva un nuovo tipo di delinquenza appartenente alle società più avanzate.

La categoria dei criminali dediti alla truffa

I crimini che venivano commessi da queste nuove civiltà erano prettamente legati alla sfera economica e quindi nacque anche la presenza di una nuova categoria di criminali quella dei truffatori.

Colui che metteva in atto truffe allo scopo di arricchire se stesso, a discapito degli altri, aveva delle caratteristiche simili a quelle del criminale occasionale ed era influenzato da fattori sociali, culturali em ambientali.

Attraverso queste osservazioni sono stati anticipati gli studi su una nuova disciplina. Quella della criminalità economica, che verrà studiata e presa in esame circa mezzo secolo più tardi.

Le reazioni alle teorie lombrosiane

Le sue teorie provocarono da una parte entusiasmo e approvazione mentre dall’altra delle ferme opposizioni.

I primi consensi arrivarono, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, da una schiera di giuristi italiani che basandosi sulle sue teorie dettero vita alla scuola positiva di diritto penale. Modificando così le linee essenziali attorno alle quali il diritto penale ruotava.

A fare da contrappunto a queste adesioni si ebbe una sorta di resistenza sia sul piano internazionale che nazionale.

In Italia i giuristi, che appartenevano alla scuola di pensiero classica, si opposero con decisione alle teorie di natura positivista avanzate dal Lombroso. Infatti, nessuna delle sue indicazioni venne inserita nel primo codice penale: lo Zanardelli.

Anche personaggi del calibro di Filippo Turati. Pur condividendo l’applicazione del metodo sperimentale nell’individuazione delle cause materiali del crimine.

Essi non erano d’accordo con la spiegazione puramente biologica applicata al delitto.

Le teorie eziologica

In quanto credenti nella teoria eziologica secondo la quale esso è collegato a delle cause prettamente di natura economico – sociale. Le idee di Lombroso trovarono però delle forti resistenze anche sul piano estero.

Infatti nel Congresso internazionale di antropologia criminale, tenutosi a Parigi nel 1889, varie figure professionali tra cui giuristi, psichiatri e antropologi presero le distanze dalla teoria lombrosiana e confermarono così che il fenomeno criminale era dovuto a delle motivazioni di carattere principalmente sociale.

A livello generale comunque le critiche che vennero mosse alle sue teorie sono di diverso tipo. In primis Lombroso avrebbe voluto dare al campo del diritto penale una mera impostazione scientifica, pertanto associava a tale disciplina le idee derivanti dall’antropologia criminale secondo le quali il fatto di essere delinquenti era verificato a priori.

Ipotesi quest’ultima rigettata poiché venne affermato che un delinquente poteva essere ritenuto tale solamente dopo che il reato, da lui eventualmente commesso, era stato constatato.

Teorie razziste

In secondo luogo la sua impostazione scientifica venne da molti ritenuta alla base delle teorie razziste. Teorie che hanno successivamente caratterizzato due totalitarismi, il nazismo e il fascismo, oltre che la legittimazione alla pena di morte.

Pur non avendo ideologie razziste, le sue teorie elogiavano il normale e la mediocrità mentre tutto il resto era da considerarsi criminale e deviante; quindi in un certo senso da sopprimere ai fini di proteggere la società.

Gli ultimi anni della sua vita

Successivamente, all’incarico come direttore del manicomio, ottenne la cattedra come professore universitario presso vari atenei italiani. Nel 1896 venne nominato professore ordinario di Psichiatria, avendo la possibilità di studiare i disturbi psichiatrici, che associava a delle cause biologiche.

La fondazione dell’archivio di psichiatria

Con Raffaele Garofalo ed Enrico Ferri fondò l’Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia criminale mentre nel 1898 dette vita a Torino al Museo di antropologia criminale dove ancora oggi sono contenute le sue spoglie. Il museo contiene molti crani, resti di scheletri umani e animali, cervelli ma anche disegni, manufatti e fotografie dei suoi studi.

Nasceva come una raccolta di oggetti che Lombroso raccolse durante il corso della propria vita.

L’apertura del museo nel 2009

Il museo ha riaperto al pubblico soltanto dal 2009, dopo un lungo periodo di stallo, ma fin da subito è in atto una protesta che ne chiede la chiusura.

Le motivazioni riguardano una supposta apologia di razzismo e la presenza di un opinione, comune e diffusa, di considerarlo un luogo dai contenuti macabri.

Campagna questa alla quale hanno aderito circa un centinaio di città italiane. Negli ultimi anni della sua vita, seppur scettico, cominciò ad interessarsi al soprannaturale e allo spiritismo, decidendo di investigare i fenomeni di medianicità.

Nel 1892 ebbe la possibilità di fare parte di una commissione per osservare la medium Eusapia Palladino durante le sue sedute.

Le sue tesi su questo tema vennero discusse nella sua opera del 1909, dal titolo “ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici”, in cui dice sia di credere negli spiriti che nella veridicità della medium.

La morte di Cesare Lombroso

Dopo la morte di Lombroso, avvenuta a Torino il 19 Ottobre del 1909, una delle sue figlie affermò che il padre, negli ultimi anni di vita, era affetto da arteriosclerosi.

Patologia che minava la sua salute fisica e psichica. Ecco forse spiegato il motivo per il quale Lombroso avrebbe finito per credere alla medium.

Nonostante le critiche e il pensiero di ciascuno, Cesare Lombroso rimane uno degli studiosi più importanti della sua epoca. Lombroso  ha lasciato il segno fino ai giorni nostri in quanto ha posto le basi della moderna criminologia.

Autrice esterna:
G. Z.

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