Molto spesso sentiamo parlare di inquisizione e delle crudeltà commesse su molte persone innocenti durante il periodo più buio della cristianità.
Un nome in particolare passerà alla storia per essere uno dei più fermi sostenitori e artefici dell’inquisizione, il suo nome è Tomás de Torquemada.
Esso seminò letteralmente il panico in tutto il Regno di Spagna. Spietato fanatico, convinto di aver ricevuto da Dio una missione divina, ovvero quella di “ripulire” il mondo cristiano da eretici, streghe, stregoni e fattucchiere.
Tomás de Torquemada nacque nel 1420, frate domenicano venne messo a capo di una delle organizzazioni ecclesiastiche più temute nella Spagna della seconda metà del XV secolo.
Questa organizzazione verrà ricordata per sempre con il nome sinistro di Inquisizione Spagnola.
Esso fu il responsabile di un infinito numero di vittime innocenti, messe a morte per un delirio religioso che dilagava da città in città.
Il grottesco e criminale manuale dell’inquisitore
Le violenze contro i poveri disgraziati venivano in genere eseguite manuale alla mano.
Difatti alla fine del XV secolo andò in stampa uno dei libri più sinistri della storia, ovvero il Malleus Maleficarum, ovvero una sorte di manuale dell’inquisitore dove per l’appunto si trovavano “utili consigli” per come stanare “i temuti sostenitori del Demonio” e come “neutralizzarli”.

Curarsi con le erbe poteva voler dire essere messo a morte
In un epoca dove ancora molte persone, utilizzavano antichi rimedi per curarsi con le erbe (essi possono venir considerati come gli antenati di chi sostiene oggigiorno l’omeopatia), tale pratica poteva essere facilmente mal interpretata.
Era sufficiente che nell’inquisitore o in un vicino ottuso balenasse l’idea che tale rimedio fosse in realtà una pozione magica, per essere arrestati, torturati, e più delle volte messi a morte come strega o stregone.
Un sistema facile per regolare conti personali
Ma esisteva anche un altra dinamica subdola e meschina, che in alcuni casi poteva causare allo sventurato sofferenze inimmaginabili.
Era sufficiente che un invidioso o un nemico per questioni private, facesse una soffiata, la quale in base al giudizio dell’inquisitore paresse verosimile per essere messo sotto processo.
L’assurdità dei processi
Un aspetto che evidenzia in modo particolare l’assurdità di questi processi è il fatto che se per sventura si finiva sotto le grinfie dell’inquisizione difficilmente si veniva assolti.
Se l’inquisitore si convinceva di avere a che fare con una strega o uno stregone, nella maggior parte dei casi nulla più si poteva fare.
La falsa confessione veniva estorta con la tortura.
Era prassi abituale slogare le articolazioni, divaricare la mascella a tal punto da romperla, infliggere bruciature sul corpo con ferri roventi, seviziare, stritolare le falangi e amputare parti del corpo. Metodologie degne del peggiore film horror, e tutto in nome di Cristo.
Una volta estorta la falsa confessione, l’inquisizione faceva mettere a morte lo sventurato che spesso avveniva per impiccagione o arsa viva.
Un “atto di clemenza”, concesso in alcuni casi qualora la strega collaborasse con l’aguzzino consisteva nel strangolarla prima di arderla viva sul rogo.
Le più sfortunate invece venivano bruciate vive. Le loro grida echeggiavano nelle piazze di gran parte d’Europa, mentre un buon numero di “bravi” devoti cristiani assistevano a questo macabro rito esultando.

La caccia alle streghe non era solo un fenomeno spagnolo
Bisogna subito fare delle precisazioni. La caccia alle streghe e a coloro che “tramavano” con Satana, non avvenne unicamente in Spagna.
In tutta Europa, inclusa la Francia, la Svizzera, la Germania e l’Italia migliaia e migliaia di persone innocenti furono vittime di questa terribile forma fanatica e perversa.
Proprio nel mio blog ho riportato un caso avvenuto in Bregaglia. Difatti anche la Bregaglia non ha fatto eccezione, anzi è stata molto attiva al punto di avere un poema intitolato “La Stria” che parla del fenomeno.